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Rivista di studi UngheresiNuova Serie, n. 20. (2021.)

Tartalom

Introduzione

Storia

  • Antonino Infranca :
    György Lukács27-52it [438.08 kB - PDF]EPA-02025-00037-0040

    L’articolo descrive lo sviluppo intellettuale di Lukács nel corso della sua intera vita. Già le sue prime opere giovanili furono considerate di altissimo interesse dagli intellettuali europei. L’adesione al movimento comunista accentuò la sua posizione critica verso la borghesia ungherese, alla quale apparteneva per nascita. Scrisse opere fondamentali per la cultura europea del Novecento e soprattutto per il marxismo, come Storia e coscienza di classe. Fu condannato dalla Terza Internazionale per la sua posizione poco ortodossa. Partecipò alla Rivoluzione dei Consigli del 1919 e alla sconfitta di questa dovette rifugiarsi a Vienna, continuando la sua attività politica nel Partito Comunista Ungherese. Passò poi a vivere a Berlino e a Mosca fino al 1945. Per le sue posizioni non ortodosse fu costretto ad abbandonare l’attività politica diretta e si dedicò alla critica letterarie e alla ricerca filosofica. È autore di capolavori come Goethe e il suo tempo, Il romanzo storico e Il giovane Hegel. Nel 1941 fu arrestato dalla polizia stalinista, ma riuscì ad evitare il Gulag. Nel 1945 tornò in Ungheria e alla vita politica, ma non gradito allo stalinismo fu costretto a ritirarsi definitivamente a vita privata, dedicandosi alla stesura di una critica dell’irrazionalismo, La distruzione della ragione, e di una monumentale Estetica. Gli ultimi anni di vita li dedicò alla stesura di una Ontologia dell’essere sociale. Fu un critico costante del regime kádárista e un sostenitore di una democratizzazione del socialismo realizzato.

  • Árpád Hornyák :

    One of the most significant outcomes of the Second World War was that it made possible for communists to seize power and establish their regimes in Eastern Europe. Although this happened mainly due to the “effective contribution” of the Soviet Union rather than as a natural result of the individual internal evolution of the affected states, it does not change the outcome at all: from Stettin to Trieste an iron curtain fell upon Europe, and political and socioeconomic development followed two different courses for almost half a century in the two halves of the Old Continent. Hungary and its Southern neighbour, Yugoslavia, belonged to those communist countries, where communists first seized power; Yugoslavia was the only state where they could manage to do that on their own. It was critical for the future and the survival of the multi-ethnic Southern Slav state to solve the minority problem. For the Hungarian minority of nearly half a million, it was of vital importance what direction the minority policy of the dominant political power of the new Yugoslav state, the Yugoslav Communist Party, was heading. This study aims to introduce the trends and ideas that influenced the minority policy of the CPY, which ultimately, after a radical shift from the initial use of harsh and repressive measures, made the survival and integration to the new socialist order possible for the Hungarian minority.

Lingua

  • Edit Rózsavölgyi :
    Gli spazi linguistici nell’Ungheria comunista73-82it [375.06 kB - PDF]EPA-02025-00037-0060

    Il presente contributo si propone di esaminare la questione linguistica in Ungheria durante la dittatura comunista del periodo storico compreso tra il 1948 e il 1990. Dopo una premessa di carattere storico incentrata sulla nascita e l’evoluzione della questione della lingua in Ungheria, si delineano gli interventi pilotati a livello linguistico dalla dittatura comunista in funzione di un modellamento unitario. Tale azione di pianificazione linguistica storicamente si ricollega alla prima fase della Riforma della lingua in Ungheria (1772-1830). L’omogeneità linguistica auspicata dal regime comunista viene inseguita tramite la tutela linguistica controllata, i programmi di istruzione pubblica volti ad ignorare le varietà linguistiche, la censura, la modificazione semantica dei concetti legati alla sfera dell’ideologia e con una manipolazione linguistica indiretta ottenuta attraverso il processo di industrializzazione e urbanizzazione forzate. Tutto ciò crea uno stato di instabilità e disorientamento nella società ungherese che potrà riacquisire un equilibrio dal punto di vista linguistico dopo la caduta del Muro, riconoscendo la stessa importanza a tutte le varietà linguistiche a patto che assolvano il loro compito, quello di assicurare una comunicazione efficace tra i membri della comunità dei parlanti.

  • Andrea Kollár :

    La descrizione e la valutazione di un periodo storico-politico può essere effettuata da vari punti di vista. Uno di questi è l’analisi della rete dei rapporti costruita ed esercitata dai detentori del potere politico nei confronti dei membri delle minoranze che vivono nel territorio del paese in quello stesso momento. Il riconoscimento dei diritti dei gruppi minoritari è efficace, ovviamente, se tale valorizzazione non si manifesta soltanto a livello di dichiarazioni ma anche a quello di un’attività legislativa concreta che contribuisce al grado di mantenimento dell’identità di tali gruppi nella comunità maggioritaria. La garanzia più importante della conservazione dell’identità è, naturalmente, il mantenimento della lingua materna, il che si realizza non solo attraverso il suo uso in famiglia, ma anche tramite la conoscenza e l’utilizzo delle varietà informali e formali nei vari contesti comunicativi.

  • Kornélia Horváth :

    Il contributo è dedicato alla poesia di György Petri (Budapest 1943-2000) in un contesto politico e linguistico-semantico. Dopo aver illustrato brevemente le circostanze della politica letteraria del periodo storico precedente al cambio del regime in Ungheria nel 1989, viene proposta un’analisi dettagliata delle possibilità interpretative - sia sul piano linguistico, sia su quello politico - dei titoli dei volumi e dei cicli di versi di Petri e in base ad essi si offrono suggerimenti in riferimento alla sua poetica. Si procede con la raffigurazione dei tratti distintivi del linguaggio poetico dell’autore mettendone in evidenza l’attinenza con il sistema politico delineato.

Letteratura

  • Cinzia Franchi :

    Nel saggio viene analizzato, con alcuni esempi significativi, un percorso culturale, editoriale, politico e sociale che si può delineare attraverso la storia del samizdat ungherese d’Ungheria e ‘d’oltreconfine’ (határon túli), nel periodo che va dalla seconda metà degli anni Settanta alla fine degli anni Ottanta del XX secolo. A partire da «A Napló» (Diario) di Mihály Kornis si evidenziano le domande e le istanze esistenziali, filosofiche e politiche e parimenti vengono presentate con lucidità le istanze sociali e politiche in «Beszélő» (Parlatorio) e in altri samizdat che in Ungheria rappresentano l’opposizione che nella cornice politica e istituzionale del socialismo reale non ha spazio ufficiale. Questi ultimi nel contempo illuminano anche gli angoli bui di un’epoca e di un regime totalitario, quello magiaro, solo apparentemente più morbido di quello degli altri paesi del Patto di Varsavia, mentre in Transilvania sarà in primo luogo la rivista «Ellenpontok» (Contrappunti) a rendere trasparente il processo di svuotamento e oppressione delle istituzioni culturali a partire da quelle delle minoranze, processo che si riflette nella vita quotidiana della popolazione tutta della Romania nell’epoca del mix di modelli cinese, nord-vietnamita e nord-coreano importati nel Paese dal dittatore Nicolae Ceaușescu.

  • Elena Lavinia Dumitru :
    Scrittori ungheresi del dissenso nella Romania comunista119-129it [359.61 kB - PDF]EPA-02025-00037-0100

    Il dissenso come risposta all’applicazione brutale della politica comunista romena significa combattere attraverso tutti i mezzi le misure radicali che disturbano la società e che mirano a eliminare una parte importante della popolazione che rifiuta l’obbedienza totale. Il confronto con tale quadro inflessibile ha ovviamente portato a una reazione al regime e al rifiuto da parte di molti cittadini, appartenenti anche alle minoranze nazionali, di partecipare alla distruzione della società esistente. Nasce così la dissidenza anticomunista che ha coinvolto vari gruppi, intellettuali, contadini o rappresentanti ecclesiastici, con voci coraggiose che sono riuscite a farsi sentire anche nei momenti più difficili e che l’apparato statale non è riuscito completamente a sottomettere, nonostante la repressione che ha visto molti di loro sottoposti a sorveglianza continua da parte degli organi di sicurezza, i più sfortunati finendo nelle carceri comuniste. In tale contesto diventa significativa l’esperienza carceraria vissuta dallo scrittore di origine ungherese Ádám Bodor

  • Ferencz Vincze :
    Prison Narratives in Eastern Europe131-147en [390.23 kB - PDF]EPA-02025-00037-0110

    National literatures are often accompanied by similar phenomena, poetic transformations and changes. These - often parallel - phenomena or poetic events take place oblivious of each other, albeit not independent from the characteristics of the given cultural context. When interpreting various texts operating with so-called returning home narratives or ones focusing on migration and immigration, a transnational and transcultural perspective can provide an opportunity and viewpoints to enable one to incorporate similarities among national literatures into comparative analyses. The textual conditions and narrative structures of prison also display similarities. This paper makes an attempt to draw parallels among Ádám Bodor’s A börtön szaga, Eginald Schlattner’s Rote Handschuhe and Lucian Dan Teodorovici’s Matei Brunul with special attention to representations of power, control, punishment and surveillance.

  • Antonio Sciacovelli :
    Quarant’anni senza Péter Hajnóczy149-164it [400.69 kB - PDF]EPA-02025-00037-0120

    A quarant’anni dalla morte, Péter Hajnóczy, che condivise con molti altri autori fondamentali per la svolta della letteratura ungherese dell’ultimo quarto del Novecento, il clima di fermenti e novità degli anni Settanta, resta un nome per lo più ignoto al pubblico dei lettori italiani che pure ha, negli ultimi decenni, potuto apprezzare numerose tra le voci più importanti della narrativa ungherese del secolo scorso. Péter Hajnóczy firmò due raccolte di racconti, A fűtő (Il fuochista), Szépirodalmi, Budapest 1975 e M., Európa, Budapest 1977, seguite dai romanzi A halál kilovagolt Perzsiából (La morte è uscita cavalcando dalla Persia), Szépirodalmi, Budapest 1979 e Jézus menyasszonya (La fidanzata di Gesù), Szépirodalmi, Budapest 1981 (quest’ultimo volume contiene, oltre al romanzo eponimo, altri racconti e un romanzo breve, A parancs). In questo contributo si vuole tracciare un profilo dell’autore e fornire alcuni punti di vista per la lettura della sua opera, considerando con particolare attenzione il periodo in cui egli visse e scrisse, ovvero l’Ungheria del pieno “consolidamento” della politica kádáriana dopo la rivoluzione del 1956 e la sua repressione, nonché il suo atteggiamento di artista “ai margini” della società socialista ungherese, anche in virtù del potente autobiografismo che ne intride le opere narrative, non sempre accolte in maniera positiva dalla critica, ma destinate a creare intorno a Hajnóczy una particolare aura di leggenda, che probabilmente è all’origine delle varie “riscoperte” di questo autore, a partire dai primissimi anni Novanta del Novecento.

  • Nicolò Dal Bello :
    Epepe e la tradizione del romanzo ungherese165-179it [439.06 kB - PDF]EPA-02025-00037-0130

    Questo breve saggio è un estratto da un lavoro di tesi triennale dal titolo “Quella non era casa sua. Linguaggio e spaesamento in Epepe di Ferenc Karinthy”. Come suggerisce il sottotitolo, l’elaborato prevede un duplice percorso: una prima parte sfrutta le teorie linguistiche di Michail Bachtin e Michel Foucault per ricercare nella storia raccontata da Karinthy delle argomentazioni teoriche circa l’incomunicabilità e la metalinguistica: difatti, la possibile importanza per la teoria della letteratura di Epepe è nella possibilità di ricavarci un palliativo alla non coincidenza. Ma fermarsi alla sola questione linguistica sarebbe limitante, perché un’opera di stampo distopico come Epepe fu strumento per parlare indirettamente di “cose che non si potrebbero dire alla luce del sole”: utilizzando l’approccio biografico, viene ipotizzato come il racconto di un “luogo orribile” usato da Karinthy per trasfigurare la sua contemporaneità, un Novecento ungherese caratterizzato dal tentativo totalitario di sostituire la realtà effettuale con la sua parte ideologica. Karinthy, ripudiando il dogmatismo del realismo socialista (di cui fu un esponente), si ritrovò uomo spaesato a casa propria e vittima di una schizofrenia linguistica. Tale approccio sarebbe però incompleto senza una premessa sulla tradizione letteraria ungherese novecentesca, che il saggio riporta delineando una panoramica sulla storia del romanzo magiaro dalla rivoluzione del 1848 fino al crollo del muro di Berlino, da una letteratura intesa come comune destino nazionale al realismo socialista, terminando con una breve biografia di Ferenc Karinthy e l’introduzione al romanzo oggetto, Epepe.

  • Klaudia Zsuppán :

    In the 80’s a radical change happened in Imre Oravecz’s method of writing: the focus was placed from word to sentence, and it opened a particularly rich, almost endless way of self-interpretation of the subject in Hungarian prose poetry. It was the 1988 publication of When You became She that brought to Imre Oravecz wide critical acclaim. The paper states that in the prose poems of Oravecz the recollection and the inner speech perform the attempt of the self-identification, and the artistic text is the result of this process. However, this text is not only a simple consequence of introspection, structure and poetic practices, but also the tool of a successful selfanalysis. It rewrites the conventions of everyday language and thinking, while performing the radical rethinking of the I-You relationship’s significance in the subject’s identity. We attempt to prove it by demonstrating the connection existing in Oravecz’s work between memory, language and body. The significance of corporality makes the body a meaning-making factor in the volume of prose poems, similarly to memory and inner speech. This worldview and method of writing makes Oravecz’s work a masterpiece in Hungarian contemporary literature.

Cinema

  • Alessandro Rosselli :

    Il presente lavoro non vuol essere una storia del cinema ungherese fra il 1948 ed il 1988, che meriterebbe ben altro spazio, ma solamente un tentativo di farlo conoscere meglio al pubblico italiano, al quale è stato finora noto solo in un modo molto parziale. Ma più che altro, questo scritto vuol ripercorrere quello che è stato un proficuo periodo del cinema ungherese, anche in mezzo alle difficoltà che incontrava a causa del controllo della censura dei due comunismi che in quest’epoca hanno dominato il paese, quello rákosiano prima e quello kádáriano dopo. In questi anni, che vanno dal 1948 al 1988, la cinematografia ungherese ha prodotto molte opere che apettano di avere un posto nella storia del cinema mondiale, e che spesso sono anche molto coraggiose nel delineare la difficile realtà del loro paese: e questo è solo uno dei motivi per i quali tale cinema dovrebbe essere meglio conosciuto anche - ma non solo - in Italia.

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